Il bel titolo del famoso romanzo di A.J. Cronin ci da conto dell’idea che abbiamo del cielo che vediamo con gli occhi, le famose “stelle fisse” di Aristotele. In realtà, anche se questo non è il soggetto di questo post, dobbiamo dire che le stelle pulsano, ruotano, sbuffano, esplodono, in altre parole ne fanno di tutti i colori.
Di sicuro non sono stati a guardare gli astronomi italiani nei mesi di emergenza da Covid 19, in cui hanno continuato, al meglio possibile, la loro attività. Fiumi di riunioni via Zoom o prodotti simili, a tutte le ore, dato che le collaborazioni internazionali in questo ambiente si sprecano.
All’Osservatorio astronomico di Padova, dell’Inaf, uno dei più vecchi al mondo, 251 anni, è stato fatto il possibile stante anche le severe, forse troppo, regole imposte per gli Istituti statali.Certamente molti altri uffici o industrie hanno affrontato difficoltà simili, se non maggiori, ma qui gli impegni al livello internazionale assunti dai ricercatori, specie per le realizzazioni tecnologiche, stanno molto a cuore ai ricercatori e i tempi vanno rispettati. E allora riattivare i laboratori è stato un imperativo attuato, con tutte le cautele, appena possibile. Da questi laboratori sono usciti, sotto la direzione di Roberto Ragazzoni, oggi direttore dell’Osservatorio, invenzioni e realizzazioni importanti per l’astrofisica internazionale: dall’ottica adattiva a strumenti di osservazione per il Large Binocular Telescope, il gigantesco binocolo da 8+8 metri di specchi,
al più recente dei satelliti per scovare pianeti, Cheops, ideato e in gran parte testato qui, ma la lista sarebbe assai più lunga.
Restava però un problema fra i ricercatori: va bene telefono, Zoom, Meet, Webex e ogni altro strumento software ma ogni tanto, perbacco, bisogna anche guardarsi negli occhi per discutere dei problemi più importanti, cruciali e non ancora risolti. Difficile in questa situazione, ma la creatività degli scienziati non si esprime solo nelle realizzazioni più breathtaking, ma anche nelle piccole realizzazioni che sono semplici e funzionali, perché pulite e altrettanto intelligenti.
Ecco quindi il separé in policarbonato che permette a quattro ricercatori/trici di riunirsi e discutere che sempre Ragazzoni ha ideato e realizzato, l’uovo di colombo che funziona perfettamente, anche grazie al disco metallico posto sopra alla struttura, che serve a riflettere le onde sonore. Ovvie le decalcomanie dei vari telescopi e satelliti realizzati dal gruppo di tecnologie.
Il tutto è posto, finché il bel tempo lo permetterà, nel cortile dell’Osservatorio, parte del castello trecentesco della città, simbolo della Signoria Carrara. L’Osservatorio oggi è costituito da 8 piani di uffici, laboratori, biblioteca e servizi per i 100 ricercatori che vi lavorano, ricavati nei due edifici storici che attorniano la Torre di guardia del castello stesso, sopra alla quale costruirono, a partire dal 1767, varie cupole per strumenti sempre allo stato dell’arte.
Nella Torre, alta 45 metri, che in realtà è l’antico Osservatorio, oggi è alloggiato il più grande e completo Museo astronomico esistente che, con le disposizioni vigenti aimè non si può visitare. I tanti strumenti perfettamente conservati e utilizzati lungo più di due secoli, i libri, gli affreschi, gli splendidi orologi non sono visibili.
Ecco quindi che la conservatrice del Museo, Valeria Zanini, assieme a suoi collaboratori, durante la chiusura totale e lavorando col materiale preliminareche avevano, ha realizzato una prima visita virtuale che ora, con più facilità di accedere alle strutture, viene man mano migliorata nella parte iconografica, in parole povere con migliori immagini fatte ad hoc. Perché non fare un giro, oltretutto non si devono salire i 200 gradini…. Click e sei alla Specola