La cronaca è questa: c’è da fare sorveglianza, e statistica, sui corpi celesti che potrebbero colpire la Terra. Un ricercatore italiano ha un’idea incredibilmente innovativa per sorvegliare ogni notte il cielo a 180 gradi, con un telescopio estremamente compatto come dimensioni.
Come è giusto che sia viene subito messa in moto una collaborazione con un industria italiana per realizzare un prototipo. Funziona e viene anche registrato un brevetto. Il telescopio viene adottato da Esa, Agenzia Spaziale Europea, per una rete planetaria di quattro osservatori nei due emisferi, in modo da poter avere una sorveglianza H24 , come si usa dire. Al mondo, da qualche parte, è sempre notte e si può osservare il cielo. Il primo, ovviamente, si farà in Italia, sulle Madonie, posto splendido di giorno e anche di notte, per il cielo sereno e molto scuro.
Le lungaggini burocratiche iniziano già nel decennio scorso, rischiamo che il primo telescopio se ne vada alle Canarie, dove peraltro i vincoli paesaggistici e ambientali sono stringenti, eppure sono alloggiati una decina dei telescopi gli asteroidi non aspettano… Il governo attuale si impegna molto nell’ultimo anno per sbloccare la situazione e far partire la costruzione dell’Osservatorio, peraltro di dimensioni molto contenute anche grazie alla tecnologia. Pare che si parta e con una cerimonia il 6 settembre scorso si pone la prima pietra, ma il Tar blocca la costruzione. A questo punto siamo daccapo e occorre sperare che si faccia presto, oltre che Esa non perda la pazienza e decida per un altro sito, stanco della burocrazia italiana.
Un articolo semplice fa il punto e per chi vuol saperne ancora di più questa è la pagina di Esa, l’Agenzia Spaziale Europea.
Ho pensato di ricordare casi analoghi, finiti bene come speriamo anche questo farà.
Non è la prima volta che la costruzione di un Osservatorio astronomico professionale, per quanto utile e importante, provoca un conflitto fra le esigenze della scienza e quelle dell’ambiente, in questo caso, ma più in generale con la cultura locale.
Il caso più eclatante , relativamente recente, è senz’altro quello del Large Binocular Telescope, il più grande telescopio binoculare esistente, una collaborazione fra Italia, Usa e Germania. Sta in cima a Mount Graham, in Arizona, a 3500 metri di altezza, vicino a un più piccolo, comunque tecnologicamente evoluto, telescopio del Vaticano.
E’ un osservatorio imponente e il fiore all’occhiello della tecnologia per l’astrofisica in questo campo, capace, per avere un’idea, di vedere distintamente una Fiat 500 sulla Luna, targa compresa.
Doveva essere inaugurato per i 500 anni di Colombo e la sua spedizione “americana, nel ’92, da cui il nome iniziale di Columbus. Non era però gradito perché quelli erano gli anni in cui la considerazione di Colombo virava verso la burrasca e il grande navigatore iniziava a essere vissuto come un violento invasore. Ma cambiare il nome non bastò. In quel monte, una montagna magnifica, alberga un abete particolare e anche un pezzo di fauna rara, lo scoiattolo di Mount Graham. Il problema era : la strada necessaria per arrivare all’Osservatorio e gli edifici avrebbero nuociuto alla specie protetta ?
Per farla breve andò bene, ci vollero mesi di spiegazioni reciproche, accorgimenti tecnici e realizzativi, ma alla fine il Large Binocular Telescope, una montatura alta 25 metri, realizzata da Ansaldo, che regge due specchi da 8.4 metri, vide la luce. Tuttora funziona, gli scoiattoli stanno benissimo, e anzi la presenza di un osservatorio così importante ha avuto due effetti che inizialmente non si erano considerati: la sorveglianza dei boschi del monte, soggetti quasi ogni anno a incendi devastanti dato il caldo torrido dell’Arizona, è sia aumentata che facilitata e, come detto, nessun danno allo scoiattolo protetto.
Qualcosa di simile si ebbe a Manua Kea, una delle cime vulcaniche della isole Hawaii, oggi sede di una concentrazione di telescopi di vari Paesi, sempre per via del cielo meravigliosamente nero e tranquillo. Lì il problema era culturale religioso se vogliamo, più che in Arizona: sulla cima di quel monte infatti i nativi pensano ci possano essere le anime degli antenati. Anche qui un periodo di accomodamento, e spiegazione ha permesso di andare oltre, con vantaggio di tutti gli attori in gioco. Qualcosa di simile sta succedendo in Australia per SKA, il radiotelescopio più grande e diffuso nel territorio esistente, ancora in via di realizzazione.
C’è un aspetto che non si considera mai in questioni come queste, giustamente ma gli astronomi lo sanno bene: un Osservatorio astronomico professionale oggi utilizza tecnologie avanzatissime per catturare e poi analizzare la luce emessa o comunque proveniente dai corpi celesti, come dicevamo prima siamo in grado di capire anche se una persona, ipotetica, ha acceso una torcia elettrica, anche modesta, sulla Luna. Viene da sé quindi, e non è banale, che un osservatorio per cui la comunità ha investito tanti soldi, intelligenza e lavoro, e che serve per un lavoro importante di ricerca scientifica , o anche protezione dai possibili impatti di corpi che provengono dallo spazio, crea attorno a sè una zona di rispetto assoluto. L’edificio dell’Osservatorio quindi, in questi casi, rimane l’unico della zona, anche, in qualche modo, a presido di ulteriore sviluppo.